La legge Arsenio Lupin di Marco Travaglio

Pierpaolo Brega Massone, nomen omen, capo della chirurgia toracica nella clinica Santa Rita convenzionata con la Regione Lombardia, l’uomo che in un sms si definiva “l’Arsenio Lupin della chirurgia”, è decisamente sfortunato. Se avesse atteso la legge Berlusconi sulle intercettazioni prima di architettare le truffe e gli scambi di fegati, polmoni, milze e cistifellee contestati dagl’inquirenti, sarebbe libero di proseguire i suoi maneggi con rimborso a pie’ di lista con i colleghi e/o complici. Invece è stato precipitoso. Uomo di poca fede, ha sottovalutato le potenzialità impunitarie del premier.

Ora qualcuno parlerà di “arresti a orologeria” (nella solita Milano) per bloccare la mirabile riforma del Cainano: per non disturbare, gli inquirenti milanesi avrebbero dovuto aspettare qualche altra settimana e lasciar squartare qualche altra decina di pazienti. Perché quel che emerge dalle intercettazioni dell’inchiesta sulla clinica Santa Rita fa piazza pulita di tutte le balle e i luoghi comuni che la Casta, anzi la Cosca sta ritirando fuori per cancellare anche l’ultimo strumento investigativo che consente di scoprire i suoi reati. Le intercettazioni dei simpatici dottori sono contenute nelle ordinanze di arresto, dunque non sono più segrete, ergo i giornalisti le pubblicano.

Qualcuno può sostenere che così si viola la privacy degli arrestati? O che, altra panzana a effetto, si viola la privacy dei non indagati? Sappiamo tutto delle malattie dei pazienti spolpati in sala operatoria per incrementare i rimborsi regionali: più violazione della privacy di questa, non si può. Eppure nemmeno la privacy dei pazienti innocenti, anzi vittime, può prevalere sul diritto dei cittadini (comprese le altre vittime reali o potenziali della truffa) di sapere tutto e subito. Sì, subito, con buona pace dei vari Uòlter, che ancora la menano sul divieto di pubblicare intercettazioni pubbliche fino al processo (che si celebrerà, se va bene, fra 3-4 anni).

Restano da esaminare le altre superballe di marca berlusconiana (ma non solo).

1) Le intercettazioni in Italia sarebbero “troppe”. Il Guardasigilli ad personam Alfano dice addirittura che “gran parte del Paese è sotto controllo”. Figuriamoci: 45 mila decreti di ascolto all’anno, su 3 milioni di processi, sono un’inezia. Le intercettazioni non sono né poche né troppe: sono quelle che i giudici autorizzano in base alle leggi vigenti, in rapporto all’unico parametro possibile: le notizie di reato. In Italia ci sono troppi reati e delinquenti, non troppe indagini e intercettazioni. L’alto numero di quelle italiane dipende dal fatto che da noi possono effettuarle solo i giudici, con tutte le garanzie dal caso, dunque la copertura statistica è del 100%. Negli altri paesi a intercettare sono soprattutto servizi segreti e polizie varie (in Inghilterra addirittura il servizio ambulanze e gli enti locali), senz’alcun controllo né statistica.

2) Le intercettazioni andrebbero limitate in nome della privacy. Altra superballa: la privacy è tutelata dalla legge sulla privacy, che però si ferma là dove iniziano le esigenze della giustizia. Ciascuno rinuncia a una porzione della sua riservatezza per consentire allo Stato, con telecamere sparse in ogni dove e controlli svariati, di reprimere i reati e proteggere le vittime.

3) Le intercettazioni “costano troppo”. Mavalà. A parte il fatto che costano molto meno di quanto fanno guadagnare allo Stato (due mesi di ascolti a Milano sulle scalate bancarie han fatto recuperare 1 miliardo di euro, quanto basta per finanziare 4 anni d’intercettazioni in tutt’Italia, che nel 2007 son costate 224 milioni), potrebbero costare zero euro se lo Stato, anziché pagare profumatamente i gestori telefonici, li obbligasse - sono pubblici concessionari - a farle gratis. Un po’ come si fa per le indagini bancarie, che gli istituti di credito - pur essendo soggetti privati - svolgono gratuitamente.

4) I giudici - si dice - devono tornare ai “metodi tradizionali” e intercettare di meno. Baggianata sesquipedale: come dire che i medici devono abbandonare la Tac e tornare allo stetoscopio. Una conversazione carpita a sorpresa è un indizio molto più sicuro e genuino di tante dichiarazioni di testimoni o pentiti. E poi di quali “metodi tradizionali” si va cianciando? Se nessuno più parla perché i collaboratori di giustizia sono stati aboliti per legge (art. 513, “giusto processo”, legge sui pentiti) e l’omertà mafiosa viene pubblicamente elogiata (“Mangano fu un eroe perché in carcere non parlò”), come diavolo si pensa di scoprirli, i reati? Travestendosi da Sherlock Holmes e cercando le impronte con la lente d’ingrandimento? Inventatevene un’altra, per favore.



Semplice è bello! O no?

Chi di noi non è mai rimasto a bocca aperta nell'assistere ad un prestigiatore che faceva scomparire una pallina?
Certo, la “magia” della sparizione ci colpisce più da bimbi, ma non smette di affascinarci anche da adulti e le storie d’avventura offrono esempi mirabili di tesori scomparsi e di uomini invisibili.
Molto vicino al concetto di scomparsa c'è quello di semplificazione; cosa è, infatti, la semplificazione se non la scomparsa di tutto ciò che non è indispensabile? In questo senso le arti visive ci hanno regalato degli autentici balzi, passando all'arte figurativa che riproduceva la realtà ad una progressiva semplificazione di forme fino a portare le opere a puri cromatismi in una fantastica ricerca estetica.
Nella vita di ogni giorno, assediati dalla burocrazia pensiamo alla semplificazione come ad un miraggio; ci piace così tanto che di recente abbiamo persino nominato un Ministro per la semplificazione, al quale auguro molta fortuna.
Ma sto divagando, volevo solo dimostrare quanto l'uomo è attratto dalla semplificazione.
C'è, però, una semplificazione che ci dovrebbe preoccupare, quella che porta indietro l'orologio delle conquiste civili dell'uomo.
E' il caso di alcune multinazionali che nella corsa al profitto e spinte da una competizione esasperata, stanno semplificando la loro struttura, liberandosi delle fabbriche, spostando la produzione verso altre zone del mondo. Luoghi dove i diritti dei lavoratori, anche quelli elementari, non sono rispettati. Gli effetti di questo alleggerimento si fanno sentire prima nei paesi occidentali dove cresce la disoccupazione ma ancora di più si fanno sentire sulla pelle dei lavoratori di quei paesi dove le condizioni di lavoro si avvicinano alla semischiavitù.
Certo questo nuovo colonialismo è molto redditizio. Le aziende che si insediano nei paesi “sottosviluppati” producono a costi bassi ma poi vendono questi prodotti nei paesi “avanzati” a prezzi da paesi “avanzati” con doppio profitto. Se poi qualcuno si indigna e accusa queste grandi imprese di sfruttamento, quelle si difendono dicendo di non poter interferire nella conduzione di aziende a cui appaltano la produzione. Dal punto di vista etico la difesa non regge, ma sul piano giuridico (ed economico) tutto fila liscio.
Quale piccola reazione del cittadino comune, sarei tentato di suggerire il boicottaggio sui prodotti di alcuni marchi; ma la filiera dei marchi anche più insospettabili è lunga e bisogna informarsi molto bene per scegliere.
L’unica cosa certa è l’importanza di tenere d'occhio le semplificazioni.

Ma ora veniamo a noi, alla nostra realtà medolese. E' sparito qualcosa? Ci sono semplificazioni di cui preoccuparci? Penso di sì. Qualche esempio?
Che fine ha fatto la piazzola ecologica? E la commissione biblioteca? Che organizzava quelle belle comitive per visitare le mostre e per assistere alle opere liriche? E il Vicolo Mulino? E la commissione servizi sociali? Che non viene mai riunita? E la commissione edilizia? Che è stata così semplificata da essere ridotta ad un'estensione degli assessorati di competenza? E che ne è dell'assessorato ai lavori pubblici? Semplificato anche quello? E del Delegato alla cultura? Semplificato! E quel servizio di assistenza psicologica agli studenti della scuola media? Dove c'era una psicologa a disposizione dei ragazzi e dei genitori? Semplificato!
E quella festa d’estate dedicata ai malati psichici e alle loro famiglie? Anche quella semplificata? Pensare che era una piccola occasione offerta a questi sfortunati per uscire dall’isolamento.
Ad essere un po’ sospettosi c’è parso che si sia tentato di semplificare, facendoli uscire dall’orbita dei servizi pubblici, anche l’asilo nido ed il centro di aggregazione giovanile, ma speriamo che si sia trattato di un abbaglio. Persino il Raduno Rock è scomparso? Che a me era così simpatico! Ah, dimenticavo, è sparita anche molta ghiaia, con un’ attenzione diversa avremmo qualche buco in meno.
Ci si potrebbe dilungare, ma mi sembra che la descrizione del gioco di prestigio sia già stata di grande effetto.
Tuttavia sarebbe colpevolmente parziale citare solo sparizioni e non le apparizioni. Certo, ci sono anche quelle. Alcune meglio riuscite di altre, fra quelle meno riuscite citerei il passeggio: con i suoi marciapiedi ad alto rischio e la sparizione di numerosi parcheggi (le sparizioni sono sempre in agguato!)

Mi sto sicuramente dimenticando molte (beh non esageriamo) .. alcune apparizioni ma i cittadini le avranno notate e certo non è mancata la cassa di risonanza. Ma il mio intento non era quello di fare un’ elencazione esaustiva ma di indurre un pensiero, un dubbio forse: siamo certi che con tutta questa semplificazione non sia stata calata la qualità della vita e la democrazia della nostra piccola comunità?
                                                                       
(s. bo.)


El Sciur Padrun

Sciur padrun da li béli braghi bianchi
fora li palanchi fora li palanchi
così inizia uno dei più famosi canti di lavoro dal quale traspare l'orgoglio collettivo della difesa dei diritti di un giusto rapporto di scambio: giusta ricompensa in denaro in cambio del lavoro svolto; senza servilismo o cortigianeria.
Ma non è sempre così. Il servilismo, soprattutto quello individuale, è una forte tentazione anche fuori dal rapporto di lavoro. Ed è molto frequente in politica: come resistere alle lusinghe del politico di turno che intuisce il tuo punto debole e lo sfrutta a suo vantaggio promettendoti favori o anche solo riconoscimento personale in cambio del tuo sostegno? Chi te lo fa fare di preoccuparti se il tuo tornaconto è utile anche per le persone che non godono del tuo stesso favore o se, invece, si rivela un'ingiustizia nei loro confronti? Vale la pena di rinunciare ai privilegi per salvaguardare la capacità di reagire ai soprusi o non conviene invece chinare la testa e mettere da parte orgoglio e dignità nella speranza della riconoscenza del “potere”?
Lo spiega molto bene questa frase detta da Giorgio Bocca in un'intervista all'Espresso del 4 giugno: «Evitare le critiche al padrone è possibile, anche se impone un forte autocontrollo. Ma come evitare le lodi al padrone dei cortigiani, per cui servire e genuflettersi è un piacere? A ben guardare, il fascismo è questa normalità, quando le si aggiunge la galera o l’esilio»

( m.r. – f.c.)


Eroi o imbelli? Il dubbio di Garibaldi sugli italiani di Piero Ottone.

Mi hanno colpito due giudizi sugli italiani, pronunciati da Giuseppe Garibaldi e registrati in un bell’articolo del mio concittadino Giovanni Ansaldo (ripubblicato adesso in un elegante libretto della casa editrice Le Lettere, sotto il titolo L’Eroe di Caprera). Ansaldo racconta il viaggio, potremmo dire la fuga, del nostro eroe, dopo la caduta della Repubblica di Roma.
Il 2 luglio 1849 egli lascia alle sue spalle la capitale, con alcune migliaia di seguaci, poveri diavoli con la testa calda finché la vittoria sembrava a portata di mano, adesso scoraggiati e impauriti, e decide di risalire la valle del Tevere, con l’intenzione di rifugiarsi sulle montagne e di fare la guerriglia, in attesa di una riscossa nazionale. Valle dopo valle, villaggio dopo villaggio, il condottiero concluderà la lunga marcia due mesi dopo, il 2 settembre, sulla costa toscana, quando si imbarcherà a Cala Martina su un battello per raggiungere Portovenere, in terra amica.
Ma quando arriva in Maremma, è rimasto solo. Ha perso la fedele Anita, e ha perso i seguaci, che non hanno retto alla durezza della peregrinazione. Ed ecco il giudizio: «Quando paragono quei forti (si riferisce ai guerriglieri sudamericani) con gl’imbelli ed effeminati miei concittadini, mi vergogno di appartenere a questi degeneri nipoti di un grandissimo popolo, incapaci di tenere un mese la campagna, senza la cittadina consuetudine di tre pasti al giorno». Giudizio spietato. In netto contrasto, tuttavia, con le esperienze successive. Nella seconda metà del periglioso viaggio, ormai solo, Garibaldi trova persone disposte a rischiare la vita per dargli assistenza, oltre che «a saltare qualche pasto (annota Ansaldo) per amore di patria». E Garibaldi scriverà poi nelle memorie, a suggello di queste altre esperienze: «Come ero fiero di essere nato in Italia!».
La contraddizione fra il primo giudizio e il secondo è comprensibile. Ma è curiosa la tendenza, di volta in volta, a estendere il giudizio, buono o cattivo a tutto un popolo.
Il nostro popolo, con l’eterna ipoteca del grande passato alle spalle. Garibaldi in fuga è deluso da quei disperati che lo abbandonano al suo destino? Subito se la prende, non soltanto con loro, ma con gli imbelli ed effeminati suoi concittadini, cioè con gli italiani. Ma poi, avendo incontrato persone generose, eccolo «fiero di essere nato in Italia!». Non vi sembra che si esagera, nel primo caso come nel secondo, a tirare in ballo tutta una nazione?


Il valore della Democrazia

La Birmania (situata in Asia tra Cina. India, Thailandia) è un paese martoriato da decenni di violenta dittatura, primo nel mondo per numero di bambini soldato e persone costrette al lavoro forzato. Un paese in cui vengono commesse violazioni profonde dei valori etici, come la pace, la giustizia, la democrazia, i diritti umani, l'equità, la solidarietà, il diritto al lavoro, la famiglia, il rispetto delle diversità religiose, culturali, politiche, sociali, sessuali.
All'inizio di maggio, questo paese è stato colpito da un ciclone di straordinaria violenza: decine di villaggi sono stati spazzati via completamente, si contano più di 100.000 morti e altre migliaia di dispersi destinati a morte per colera o altre malattie infettive. Secondo fonti dei servizi di soccorso i senzatetto potrebbero ben presto risultare milioni. Manca cibo, acqua, medicinali, manca tutta la prima assistenza.
Gli aiuti internazionali, inizialmente rifiutati dal regime, vengono gestiti solo attraverso la giunta militare e le sue organizzazioni che trattengono per loro la parte buona e si fanno fotografare mentre distribuiscono il resto dei viveri alla popolazione stremata.
In questa tragedia, i generali hanno voluto ugualmente il referendum per la costituzione; pertanto, mentre l'intera Birmania è impegnata nel tentativo di sopravvivere alla catastrofe, hanno avuto luogo le “votazioni”.
 “Votare sì alla nuova Costituzione è un dovere patriottico. Prendi questo foglietto. Non c'è bisogno che voti. Ci penserò io per te. Tu devi solo andare al seggio a consegnare il foglietto, non mancare. Passerà un mio soldato per dirti a che ora presentarti” ha spiegato un ufficiale.
“Dobbiamo essere puntuali anche nel fingere di votare. Vogliono una farsa perfetta. Per questo hanno bisogno di tutti i loro controllori per vincere un referendum che gli garantirà il potere in eterno. Obbligano i cittadini a votare sì al referendum, in cambio di aiuti alimentari. Anche chi vuole materiale per ricostruire la propria abitazione, oppure tende e coperte, si vede costretto a cedere al ricatto”.
La più autorevole leader politica e Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, (figlia di Aung San, l’uomo venerato da tutti i birmani perché aveva ottenuto l’indipendenza del paese dal dominio inglese) sottoposta dal 1989, tranne alcune interruzioni, agli arresti domiciliari, ha dichiarato: “ E' un fatto estremamente inaccettabile, la giunta dà la priorità all'iter costituzionale senza il minimo rispetto per le difficoltà sociali cui, a causa di questo disastro, il popolo deve far fronte”.
Ci sarà capitato di vedere, di sfuggita, le immagini della Birmania devastata, forse avremo anche contribuito agli aiuti, magari con uno sms. Forse. Se siamo riusciti a seguire le fugaci notizie su questa tragedia passate, ed ora già archiviate, dalle nostre televisioni, troppo impegnate a somministrarci quotidianamente notizie più importanti quali il clima politico, le leggi salvapremier, il caro petrolio, o, soffiando sul fuoco dell'intolleranza, i pericoli per la nostra “sicurezza” messa a repentaglio dagli extracomunitari, giunti in Italia per tentare di sopravvivere ad altre tragiche condizioni di vita.
Il fatto che neppure una catastrofe del genere e le intollerabili ingiustizie che deve subire il popolo Birmano (come avevamo già visto con la rivolta dei Monaci) non smuova più di tanto l’indifferenza del nostro civilissimo occidente, è indice di uno spaventoso disinteresse generale, di un egoistico preoccuparci solo di noi stessi e della difesa dei nostri diritti e privilegi individuali.
Penso che, invece, ognuno di noi dovrebbe preoccuparsi, quando non vengono rispettati i diritti degli altri, anche se non ci toccano personalmente, perché i più gravi problemi che minacciano l'umanità (la condizione di vita subumana di milioni di persone, la violazione dei diritti umani, l’estinzione di intere specie animali, l’esaurimento di essenziali risorse del pianeta, il crescente degrado dell'ambiente dovuto all'inquinamento) non sono risolvibili attraverso la salvaguardia dei diritti individuali, ma solo attraverso il rispetto di quelli universali.
Emerge da questa attualità quello che la storia ci mostra con i fatti, ma continuiamo a dimenticare o, peggio, volutamente ignorare: escludendo a priori le dittature portatrici di prevaricazioni, soprusi e umiliazione della dignità umana, le Civiltà, se con ciò intendiamo migliore qualità di vita delle persone, hanno prosperato in presenza di “dirigenti” capaci ed autorevoli, che hanno guidato il progresso del loro Popolo; si sono invece autodistrutte col decadimento della qualità dei dirigenti e del dilagare della corruzione. Per praticare e difendere la democrazia, quindi, bisogna prestare attenzione a scegliere dirigenti di solida qualità: da qui il timore, tutt'altro che infondato, che anche nel nostro Paese la democrazia corra seri e gravi pericoli. La diamo per scontata, non la difendiamo; ma la dittatura a volte si presenta in modo subdolo, mascherata da miracoloso rimedio ai mali che affliggono il Paese: promette il benessere, la stabilità, l’ordine. È già avvenuto, subito dopo la prima guerra mondiale e sappiamo bene come sono andate poi le cose. La Storia insegna, ma noi vogliamo imparare?
( f.c. )


«Mettiamo che Tizio sia proprietario di una banca e come tale stabilisca di poter prelevare quanti soldi vuole. Va bene? No, non va bene.
Poniamo che Caio sia capo della polizia, che uccida la moglie e che stabilisca che la polizia non può indagare su di lui. Va bene? Direi di no.
Prendiamo Berlusconi, è capo del governo e come tale vuole essere intoccabile. È giusto?»
Giovanni Sartori

Corriere della Sera 21 giugno

Libertà è partecipazione… ma chi non partecipa?

Ho cercato il significato del termine “libertà” su un’enciclopedia e ho trovato queste affermazioni:
La libertà indica l'essere libero, la condizione di chi non è prigioniero e non ha restrizioni […], è la facoltà dell'uomo di agire e di pensare in piena autonomia, è la condizione di chi può agire secondo le proprie scelte”.
Si può dire che chi compie un'azione è libero, quando ha la possibilità di scelta, e l'azione stessa è intelligente, spontanea, contingente e non lesiva degli altri.
La libertà è la qualità fondamentale e specifica dell'uomo, che lo costituisce come persona”.
Le definizioni di libertà sono molteplici e se ne potrebbero elencare altre, ma il mio intento non è scrivere un saggio sulla libertà, quanto piuttosto riflettere sull’importanza di questo fondamentale diritto. A livello prettamente teorico la riflessione è sicuramente più semplice, in quanto indubbio è il valore giuridico e morale di questa peculiare qualità dell’essere umano.
Ma a livello pratico?
Senza voler generalizzare ed enfatizzare la questione a livelli mondiali in quanto, nella storia, le privazioni alla libertà personale si sono manifestate e tuttora si manifestano in modi disumani, credo si possa parlare di non riconoscimento del diritto alla libertà personale anche in termini più psicologici e mentali, nel senso di un vero e proprio “lavaggio del cervello” che le persone fanno o subiscono a seconda delle circostanze o, spesso, a seconda delle scelte che fanno o non fanno o delle decisioni che prendono o non prendono.  
Penso, ad esempio, alle volte in cui, per paura di ripercussioni (che spesso si manifestano a livello psicologico, ma non per questo meno deleterie di veri e propri maltrattamenti fisici) o nel timore di subire ingiuste conseguenze, o, al contrario, nella speranza di un tornaconto, ci si conforma al modello, allo stereotipo, allo stile di vita o, nel peggiore dei casi, al pensiero della cosiddetta “massa”, anche se non lo si comprende o non lo si condivide pienamente… Ci si adatta, insomma, perché è più comodo, più semplice, più conveniente… e perché “lo fanno tutti”.
Questa mentalità e questo modo di agire e di non-pensare non solo sono moralmente sbagliati ma anche pericolosi in modo preoccupante perché annullano l’individualità delle persone e cancellano la loro unicità rendendole dei fantocci al servizio dei più furbi… D’altronde, la libertà costa cara, è stato faticoso conquistarla ed è ancora più impegnativo esercitarla, si devono impiegare troppe risorse e troppo coraggio, si deve agire da protagonisti, si deve addirittura lottare per rivendicare un diritto che in quanto tale ci dovrebbe appartenere a prescindere da tutto il resto e, nella lotta, si potrebbe correre il rischio di farsi male… E, nonostante tutto, è giustificabile rinunciare alla propria libertà? Come disse Nelson Mandela “non c’è nessuna facile strada per la libertà”.  
“Libertà è partecipazione” è una verità quando, però, è la partecipazione stessa ad essere libera; purtroppo ci sarà sempre chi, per vari motivi, cercherà di ostacolare la libertà condizionando più o meno esplicitamente i nostri comportamenti. Che riesca o meno nel suo intento dipende dalla partecipazione attenta e non superficiale di ognuno di noi. Ogni nostra azione o non-azione incide sulla società più di quanto possiamo immaginare.
Non possiamo restare sempre indifferenti o lasciarci intimidire: partecipazione è anche la libertà di schierarsi per le proprie convinzioni e di manifestare le proprie opinioni anche a rischio di essere impopolari, anche a rischio di dissentire dalle opinioni della “massa” o del potere.
( g.r.)


MEDOLE: salviamo il Vicolo Mulino

Lettera aperta al Sindaco, al capogruppo di maggioranza e al capogruppo di minoranza.

Siamo un gruppo di persone con spiccato interesse civico e, come tali, partecipi disinteressatamente alla salvaguardia del Vicolo Mulino nell’ambito delle aree pubbliche delle strade.
Da almeno tre anni, dal momento in cui è iniziata la ristrutturazione dell’edificio circostante, è apparsa evidente l’intenzione strisciante di privatizzare un tratto del vicolo.
Gli indizi:

  1. Quando il Consiglio comunale deliberò la monetizzazione di circa il 50% dei parcheggi dovuti (commettendo già un favoritismo) i consiglieri di minoranza chiesero chiarimenti riguardo alla garanzia di pubblicità dell’area stradale. Il Sindaco, per risposta, invitò un consigliere di minoranza ad effettuare la verifica storica. Proposta assurda ed improponibile in quanto un accertamento del genere spetta all’apparato tecnico gestito dalla Giunta comunale e non alla minoranza che ha ruolo di controllo e non di gestione;
  2. successivamente, in questi anni, è stato sollecitato l’argomento diverse volte con interventi sui giornali pubblici. Né il Sindaco, né il capogruppo di maggioranza Antonio Carra, né l’assessore ai lavori pubblici (la strada è opera pubblica), ora ex, Sabrina Salvadori, (coinvolta nello studio di progettazione della ristrutturazione, quindi in posizione pericolosamente incompatibile) tutti chiamati in causa direttamente, hanno mai risposto;
  3. il progetto del Comune per la riqualificazione di Viale Zanella esclude proprio quel tratto di vicolo Mulino, strana coincidenza!

Ora si sta passando ai fatti: nei giorni scorsi sono state posate delle guide di acciaio trasversalmente al vicolo, evidentemente propedeutiche alla messa in opera di cancelli di chiusura.
Pertanto non c’è più tempo per tergiversare.
L’Amministrazione comunale deve intervenire con determinazione con i provvedimenti necessari alla rimozione di quanto infisso sulla strada pubblica inopinatamente.
E noi semplici cittadini con interesse civico che possiamo fare?
- dare la disponibilità a testimoniare che Vicolo Mulino è sempre stato strada pubblica, continuando a sostenerlo anche nel caso in cui l’Amministrazione comunale fosse costretta ad intraprendere una vertenza legale.
- saremo utili anche come alibi per l’Amministrazione comunale,  come giustificazione per essere, purtroppo, costretta ad intervenire a causa di questi “cattivi” cittadini che pretendono cose giuste.  Non è poco!

 

Medole, 23 Maggio 2008.

Giovanni B. Ruzzenenti            Irma Cremonini            Franco Tosoni              Aldo Tomasi
Franca Caiola                          Giulia Redini              Donato Redini             Cesarino Fezzardi       
Francesco Micheletti                Mario Bergamini            Luciano Grossi            Giovanni Buzzacchetti
Luigi Veneri                             Ornella Soldati Matteo Cremasco            Rosa Oliani
Daniela Cremasco                    Antonella Mutti            Guglielmo Mutti            Simona Danasi
Teresa Ferrari                          Carlo Damiani            Mauro Schirru             Giuliano Caruso


MEDOLE: ANCHE PER LE CAVE SIAMO ALLO SBANDO

Dalla stampa locale e provinciale leggiamo le notizie riguardanti nuove escavazioni di ghiaia nel territorio del Comune di Medole.
Il presidente della locale sezione Coldiretti, Silvano Cappellari, fa sapere che sarebbe in itinere la richiesta per una ulteriore escavazione in località Vescove (strada per Rebecco) e, anziché respingere la richiesta per il fatto che il nostro territorio è già penalizzato drammaticamente dal Piano Provinciale cave decennale, consiglia di spostare l'escavazione in altra zona.
La giustificazione, chiaramente ipocrita ed ignorante della Storia, è che la piana Vescove sia stata zona della battaglia di Solferino. E' possibile che, chi cita il Risorgimento, non sia a conoscenza che il Generale francese Mc Mahon aveva posizionato il suo comando sul Monte Medolano? E che, quindi, tutta la piana a nord dell'abitato di Medole è stata teatro della battaglia del 1859 e non solo la zona Vescove?
Ed ancora: mentre il S. Cappellari rende pubbliche queste notizie precisando di averle inviate per lettera anche al Sindaco di Medole (ma non è il S. Cappellari stesso il referente per l'agricoltura dell'Amministrazione comunale?), il Sindaco durante l'ultima diretta radiofonica ha lamentato di aver letto la notizia attraverso la stampa,  e di non aver ancora ricevuto la lettera.
Insomma, nonostante pubblichino qualche articolino ostentatamente propagandistico ma di nessuna consistenza, sembra proprio che tra gli amministratori comunali regni lo sbando totale: non si parlano, comunicano per lettera dando però la precedenza alla stampa.
In questo modo, noi cittadini non siamo più tutelati, ma abbandonati in balia dei gruppi di potere che spingono dietro queste notizie. Lo dimostra la presa di posizione di S. Cappellari il quale, anziché respingere le ulteriori escavazioni di ghiaia, propone gentilmente di spostarle in altra zona del paese. Significa chiaramente che per la zona alternativa alle Vescove è in atto una spinta più poderosa; inoltre, anticipando la notizia sulla stampa, viene fornita all'Amministrazione comunale una posizione già confezionata e scontata.
Poi se, casualmente, questa ghiaia dovesse servire per realizzare infrastrutture (cava di prestito), ricordiamo agli Amministratori comunali che il Piano Provinciale ha già previsto al suo interno la zona per la cava di prestito.
Alla fine di tutto ciò, noi cittadini perdiamo completamente sicurezza, in conseguenza del fatto che l'istituzione Comune che ha già perso l'autorevolezza.
Bisogna reagire con vigore.

(g.b.r.)


PURTROPPO…

Purtroppo non assistiamo quasi mai sui Media a dibattiti e confronti basati su fatti concreti e documentati. Dopo l’ascolto attento dell’intervista radiofonica al Sindaco di Medole del 5 maggio 2008 ritengo indispensabile rispondere pubblicamente ad alcune sue affermazioni, anche se a distanza di tempo e non con la stessa forza mediatica.
Mi limiterò ad alcune sue affermazioni e a fatti incontestabili, senza intervenire sui  “toni” da Lui usati per consentire al lettore di giudicare e verificare serenamente i contenuti di questa lettera.
Questo testo è ridotto per esigenze di stampa, ma le argomentazioni complete sono disponibili ai link indicati alla fine della lettera.

Il  Sindaco dimentica che è stato il Comune a chiedere un restauro conservativo perché l’edificio lo meritava,  e il progetto è stato all'altezza. In questa parte della cascina sono  stati ricavati alcuni appartamenti “grandi”, ma l'operazione riguardava l'intera Cascina (anche la parte su via Cavour, e nel complesso sono stati realizzati appartamenti di tutte le taglie per coprire tutte le esigenze. Guardatelo tutto insieme il progetto e pensate che spesso i nuclei famigliari numerosi appartengono a fasce sociali deboli che non trovano sul mercato immobiliare appartamenti adeguati. L'ammontare dell'affitto lo stabilirà la Fondazione, non è obbligatorio che sia un prezzo di mercato. Il dovere del Sindaco è di scegliere 4 amministratori su 5. Certo, i suoi 4 li sceglierà con cura, ma non deve imporre loro il suo pensiero e la sua politica, in particolare quella sulla casa.

Commento finale: DI CHI E’ LA FONDAZIONE?
La Fondazione Isabella Arrighi (nata come “Ospedale Civile di Medole” nel 1863 con i beni lasciati da Isabella Arrighi, divenuta poi IPAB e infine Fondazione nel 2003) è sempre stata un ente Privato. Lo stato italiano ne ha “espropriato” negli anni 30, per 70 anni, la gestione, non la proprietà. In tutto questo tempo gli Amministratori Pubblici si sono talvolta dimenticati che si trattava di un bene privato a loro affidato solo come gestione, e hanno finito per considerarlo come “roba” del Comune, ma è un bene tornato alla Comunità di cui il Sindaco non è l’unico titolato a parlare (altrimenti direbbe anche la messa, insegnerebbe a scuola e chissà cos’altro). Il Consiglio della Fondazione non può parlare per conto suo e raccontare alla gente come intende operare sul territorio? Non hanno forse delle teste pensanti anche loro? La conoscenza e una corretta informazione sono essenziali per crescere e migliorare. Mi auguro che quanto ho scritto induca qualcuno perlomeno a farsi delle domande. Per aver detto queste cose non me ne viene in tasca niente, anzi!
Per chi ritiene che le frasi citate del Sindaco siano state estrapolate dal contesto in modo   scorretto o fazioso, invito ad ascoltare l'intera registrazione dell'intervista sul sito del Gazzettino o a richiederne copia al sottoscritto.

Fausto Monici

risposta completa:
http://wikisend.com/download/598040/SpettGAZZETTINO2.pdf

statuto della Fondazione:
http://wikisend.com/download/598020/STATUTO rev 5 del 290803.pdf

rapporti Fondazione-Comune del 12/10/04:
http://wikisend.com/download/597812/RAPPORTI Fondazione-Comune 121004.pdf

Tratto da “Il Gazzettino nuovo”


Famiglia Cristiana: «Proposta razzista»

Una proposta indecente. Una schedatura razzista, che ricorda le leggi fasciste ed è frutto di uno Stato di polizia. Va giù dura, «Famiglia Cristiana».

Sulla questione dei minori Rom il settimanale dei Paolini se la prende con il premier, con il ministro Maroni, con la presidente della Commissione per l'Infanzia Mussolini, ricordando le leggi contro gli ebrei fatte approvare dal nonno Benito. E boccia «senza appello al loro primo esame i ministri "cattolici" del governo del Cavaliere».
Accuse pesanti come macigni. «Per loro la dignità dell'uomo vale zero. Il principio della responsabilità di proteggere (cioè, il riconoscimento dell'unità della famiglia umana e l'attenzione per la dignità di ogni uomo e donna), ampiamente illustrato da papa Benedetto XVI all'Onu, è carta straccia. Nessuno che abbia alzato il dito a contrastare Maroni e l'indecente proposta razzista di prendere le impronte digitali ai bambini rom». Non solo l'ipotesi è inaccettabile. Ma com'è formulata non contiene neanche provvedimenti per la tutela dei minori nomadi che, nelle dichiarazioni pubbliche, gli autori della proposta dicono di voler tutelare. «Avremmo dato credito al ministro se, assieme alla schedatura, avesse detto come portare i bimbi rom a scuola, togliendoli dagli spazi condivisi coi topi. Che aiuti ha previsto? Nulla. Ma se per i cattolici l'atteggiamento del ministro leghista è una sorpresa, «non stupisce, invece, il silenzio della nuova presidente della commissione per l'Infanzia, Alessandra Mussolini, perchè le schedature etniche e religiose fanno parte del Dna familiare e, finalmente, tornano a essere patrimonio di governo». E il presidente del Consiglio? «Permetterebbe che agenti di polizia prendessero le impronte dei suoi figli o dei suoi nipotini?», ci si domanda nell'articolo.
Il settimanale lamenta che «a sessant'anni dalle leggi razziali», l'Italia non abbia ancora «fatto i conti con le sue tragiche responsabilità», in particolare, «non li ha fatti il centrodestra al governo, se un ministro propone il concetto di razza nell'ordinamento giuridico». E così «uno Stato di polizia mostra il volto più feroce a piccoli rom, che pur sono cittadini italiani. La schedatura di un bambino rom, che non ha commesso reato, viola la dignità umana. Così come la proposta di togliere la patria potestà ai genitori rom è una forzatura del diritto: nessun Tribunale dei minori la toglierà solo per la povertà e le difficili condizioni di vita», sostiene l'editorialista. Per Famiglia cristiana, ovviamente, «è giusto reprimere, con forza, chi nei campi nomadi delinque, ma le misure di Maroni non servono a combattere l'accattonaggio (che non è reato). C'è un solo modo perchè i bambini rom non vadano a rubare: mandarli a scuola. Qui, sì, ci vorrebbe un decreto legge perchè, ogni mattina, pulmini della polizia passassero nei campi nomadi a raccoglierli. Per la sicurezza sarebbero soldi ben spesi». E le impronte? «Cominciamo dai nostri figli - propone il settimanale cattolico - ancor meglio, dai parlamentari: i cittadini saprebbero chi lavora e chi marina, e anche chi fa il furbo, votando al posto di un altro. L'affossa-"pianisti" sarebbe l'unico "lodo" gradito agli italiani».


PENSIERI DI PARTE


Che la conquista di libertà abbia un costo è cosa nota, che costi anche proteggerla pure, ma si tende a scordarsene.
Sarà forse questa la causa del disagio che in qualche caso si prova sentendosi rivolgere frasi tipo “…ah, ma tu sei quella che scrive sul giornalino di quelli là…” o del genere “ … ah sei tu quello che ha mosso quel vespaio per la Fondazione…” o peggio “…anche lui scrive su Medoleggendo!?!..ma pensavo fosse una persona seria!”
Certo, talvolta sono modi di rivolgersi che mettono in apprensione, specie se rivolti sul posto di lavoro o presso altre realtà importanti.
Esprimere un’idea non è mai facile, è sempre un atto di coraggio qualunque essa sia e come tale merita sempre rispetto.
Non si può, quindi, essere altro che lieti assistendo al sorgere di altre iniziative su fogli locali che portino all’attenzione nuove idee ed opinioni, in particolar modo quando inerenti al nostro territorio o a realtà che ci riguardano da vicino.
Certo, espone indubbiamente a rischi di influenza e di inquinamento aderire ad un’iniziativa “editoriale” che necessita di collaborazione e di denaro per la sua realizzazione, specie quando questi provengono da fonti politicamente impegnate o simili.
E’ pur vero che non tutti possono pubblicare e autosostenere un proprio foglio locale.
Penso che a fronte di non esprimersi, sia sempre meglio correre dei rischi esponendo le proprie idee; l’immobilismo, il non disturbare nessuno, quindi l’inerzia non portano mai progresso. L’idea di esprimersi comunque, anche su un organo informativo di parte, non credo possa rappresentare un problema, certamente i lettori sono in grado di valutare un articolo per il suo contenuto, non  arenandosi sul nome di chi scrive o sulla sua appartenenza ad una qualunque corrente ideologica.  
           
( s.b. )


“L’AMACA”
di Michele Serra


Ma le prostitute, i migranti, gli zingari, i senza dimora e i senza ruolo, con la loro scia di marginalità, di reati, di disperazione e di "pericolosità sociale", non sono sempre esistiti? Non sono sempre state infestate di mendicità e di ladri, di sesso "sporco" e di devianza, le grandi città del mondo? La New York delle origini raccontata da Scorsese e quella di West Side Story, la Londra sordida e infida di Dickens, la Napoli brulicante e sfasciata della Serao, la Milano elemosinante e cenciosa di Carlo Porta, sono invenzioni letterarie oppure ogni società ha avuto in sorte la sua dose fisiologica di devianza, di insicurezza, di miseria e di sangue? Da quando, di grazia, esistono società di tutti belli tutti ricchi e tutti gentilissimi?
Me lo chiedo perché, in Italia, la questione pare di recentissimo conio, come se un governo Mastro Lindo avesse d’un tratto snidato lo sporco e si apprestasse a distruggerlo. La brava gente (definizione che uso senza ironia) ha sempre cercato di difendersi riparandosi sotto l’ombrello della legge, ma questa repentina smania di igiene totale, di cancellazione del Male, ha qualcosa di sinistro e di patetico. Di sinistro perché il Male in questione ha forma umana, e non è che lo si può annegare nell’ammoniaca. Di patetico perché, come sanno bene le massaie di lungo corso, il sogno della Pulizia Finale è vano e frustrante. Crea nevrosi, e in fondo alla nevrosi la depressione.

Tratta da “la Repubblica” domenica 8 giugno 2008

 


Recuperarsi dall’alcolismo si può: Alcolisti Anonimi ti può offrire un valido aiuto.

Mi chiamo Eleonora, sono un’alcolista e anche oggi non ho bevuto.
Faccio parte dell’Associazione Alcolisti Anonimi e desidero esprimere il mio pensiero attraverso qualche riga sulla mia esperienza personale riguardo alla malattia dell’Alcolismo e soprattutto alla possibilità che ho avuto di potermi recuperare.

Quando sono entrata nel gruppo A.A. di Castel Goffredo, avevo toccato il fondo della disperazione e perso la mia dignità di persona.

Bevevo perché l’alcol calmava la mia irrequietezza, la mia scontentezza, irritabilità, paura e riempiva i miei grandi sensi di vuoto; era diventato impossibile riuscire a smettere nonostante il rimorso, il senso di colpa e le innumerevoli promesse di non bere mai più.

Man mano che l’alcolismo prendeva sempre di più piede, cadevo in uno stato in cui anche il desiderio più forte di smettere era diventato vano perdendo ogni libertà di scelta nei confronti dell’alcol e con una forza di volontà del tutto inesistente.

In A.A. ho scoperto che l’alcolismo non è un vizio ma una malattia così ingannevole a tal punto che, pur ammettendo la grande dannosità, non si riesce più a distinguere il vero dal falso: la vita con l’alcol sembra l’unica normale.
Ho iniziato il mio percorso di recupero frequentando il gruppo A.A. dando una svolta alla mia vita con un rinnovamento di pensiero, di atteggiamento e di stile di vita.

Un grazie di cuore al gruppo di Castel Goffredo che ha messo a disposizione tutta l’esperienza e la comprensione possibile nei miei confronti. È iniziata così in me la consapevolezza che anch’io avrei potuto farcela. Oggi sono sobria da quattro anni e questa mia testimonianza  è solo una delle centinaia di migliaia di esperienze di persone recuperate in Alcolisti Anonimi dal 1935, anno di fondazione dell’Associazione nata in America con la grande intuizione del meccanismo dell’Auto Aiuto applicato alle dipendenze da alcol, mettendo a punto un Metodo che da allora ha consentito a milioni di uomini e donne non solo di sopravvivere all’autodistruzione, ma di tornare ad essere persone serene e ben inserite nella società.

Attualmente A.A. è presente in oltre 160 paesi di tutti i continenti con più di centomila gruppi di Auto Aiuto e milioni di alcolisti Recuperati.

In Italia ha iniziato la sua attività a Roma nel 1972 attraverso la nascita del primo gruppo di Via Napoli 58. oggi i gruppi sono circa 500 sparsi in tutte le regioni italiane.

Alcolisti Anonimi è un’Associazione di persone che condividono le loro esperienze, si aiutano ed aiutano altri a recuperarsi dall’Alcolismo. Il gruppo è l’entità tramite la quale si realizza il Recupero grazie ad un Programma Spirituale conosciuto in tutto il mondo come “Metodo dei Dodici Passi”.

La partecipazione ad A.A. è totalmente gratuita, non esiste alcuna distinzione di razza, sesso, ceto sociale, fede religiosa o politica; all’interno di un gruppo perciò esiste un principio fondamentale di uguaglianza tra i partecipanti. Uno dei punti fermi, e rigorosamente rispettato dall’Associazione, è l’anonimato inteso come salvaguardia dei singoli individui in una Società non priva di pregiudizi nei riguardi dell’Alcolismo, quindi Anonimato sia come possibilità concreta di non rivelare la propria identità, sia col più profondo significato Spirituale che i principi e le Tradizioni di A.A. vengono anteposti alla personalità dei singoli. Tuttavia A.A. come Associazione agisce in modo concreto sul territorio nel quale operano i Gruppi, mantenendo un costante rapporto con i medici di base, centri di algologia, strutture ospedaliere e con gli operatori del sociale.

A.A. opera in modo assolutamente volontario e gratuito, è finanziariamente autonoma mediante le contribuzioni libere degli stessi alcolisti, di conseguenza non costa nulla alla Società.

Accanto, ma in separate sedi, operano le Associazioni “Al-Anon e Aleteen” costituita da familiari.

Amici e parenti di alcolisti “Al-Anon” figli giovani di alcolisti “Aleteen” che attua un programma simile ma specifico per le proprie esigenze ed in modo del tutto autonomo. Il passaggio da una precaria astinenza ad una stabile Sobrietà presuppone un impegno convinto, una motivazione e sostegno efficaci e una frequentazione costante alle riunioni di Gruppo.

La dipendenza da alcol è una vera e propria Malattia, la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’alcolismo un disturbo comportamentale cronico, malattia progressiva, inguaribile e mortale. Questi tragici effetti a livello fisico e psicologico possono essere sospesi semplicemente non bevendo 24 ore alla volta, cambiando stile di Vita, mettendo in pratica il programma dei Dodici Passi con lo scopo di raggiungere una Sobrietà duratura nel tempo.

Da 13 anni a questa parte anche a Castel Goffredo operano i Gruppi A.A. ed Al-Anon; le riunioni si tengono settimanalmente nelle giornate di mercoledì e venerdì alle ore 20.30 presso le sedi in Via Puccini 4 all’interno dell’Istituto Professionale Gonzaga.

Chiunque abbia necessità di ulteriori informazioni può contattare il numero 334-7345290 oppure scrivere a Gruppo Alcolisti Anonimi “Castel Goffredo” - Casella postale 12.

Alcolisti Anonimi Servizi Generali - Via di Torre Rossa 35 – 00165 Roma tel. 06/6636629 – fax 06/6628334 – centro d’ascolto Nazionale 06/6636620 – sito www.alcolisti-anonimi.it.
                                               

                                                                                                Con affetto, Eleonora.

 


Preso nel suo complesso,
il mondo è un mostro
pieno di pregiudizi,
affardellato di preconcetti,
corrotto dalle cosiddette virtù;
esso è un puritano e un fatuo.
Il segreto della vita
è l’arte di sfidarlo.
Sfidare il mondo ecco quale
dovrebbe essere il nostro scopo,
invece di vivere per
accondiscendere alle sue pretese,
come facciamo per lo più.

Oscar Wilde


MEDOLE: SULLA FONDAZIONE “ISABELLA ARRIGHI” QUALCHE RISPOSTA AL SINDACO BRUNO PESCI

Le scriventi hanno fatto parte del Consiglio di Amministrazione della Fondazione “Isabella Arrighi” – ONLUS di Medole. Ci permettiamo di scrivere dopo aver a lungo riflettuto, nella speranza di chiarire alcune circostanze. Fino ad ora quando attaccate abbiamo sempre taciuto per responsabilità istituzionale, tuttavia adesso intendiamo rispondere alle dichiarazioni rilasciate dal Sindaco di Medole all’emittente radio il 5 maggio 2008. Ancora una volta abbiamo subito attacchi pubblici gratuiti, inesatti e poco attinenti alla realtà da parte di chi pur potendo aiutarci durante il cammino si è sempre limitato alle critiche pregiudiziali per di più in occasioni in cui nessuno può contraddirlo.
Il nostro mandato è scaduto da poco e il Sindaco ha, del tutto legittimamente, operato una scelta che non ci ha visto riconfermate. Non avevamo e non abbiamo nulla da obiettare in merito, né abbiamo mai inteso polemizzare in nessun modo su decisioni che non spettano a noi.
Per quanto ci riguarda possiamo tranquillamente dire che abbiamo cercato di portare avanti il nostro compito con coscienza e al meglio delle nostre capacità. La nostra è stata un’attività di volontariato sociale come tanti altri con l’aggiunta di una grossa responsabilità nel gestire un patrimonio privato ma di “pubblica utilità” se così si può dire. Abbiamo proseguito con determinazione perché crediamo nei valori cui si ispira la Fondazione e non certo perché apparteniamo a questo o a quello schieramento politico.
Oggetto dell’ultimo attacco del Sindaco è stata la realizzazione di 6 nuovi appartamenti nella Cascina Porta Rossa. Ecco il percorso che ci ha portati a questo: la Fondazione aveva già finanziato un ottimo progetto, concepito sotto la presidenza dell’ing. Fausto Monici che prevedeva la realizzazione di appartamenti per  famiglie bisognose. Non abbiamo fatto altro che portarlo a termine riducendolo in parte e integrandolo con una nuova sede per l’Asilo Nido. Anche in questo si è privilegiato l’accesso per le famiglie più bisognose. Tutto è stato ultimato nei tempi previsti e la ristrutturazione rivaluta uno spazio altrimenti abbandonato.
Malgrado quanto detto dal Sindaco gli appartamenti costruiti non sono assolutamente lussuosi nel senso comunemente dato a questo termine: niente marmi, niente vasche idromassaggio; solo finiture decorose e di buona qualità con materiali che rispettano la struttura (legno, piastrelle). Qual è la nostra colpa? Dovevamo fare degli appartamenti brutti? Bucare la Cascina con mille finestre in modo da ricavare delle stanzette più piccole? Utilizzare il cemento al posto delle travi in legno dei soffitti? Eppure lo stesso Comune ha più volte richiesto che il restauro fosse di tipo conservativo.
Inoltre nessuno di noi ha mai detto (lo ha fatto solo il Sindaco) che gli appartamenti debbano essere affittati per forza ad alto costo anzi! Noi avevamo fatto diverse proposte all’Amministrazione. Per brevità ne citiamo solo alcune:
1) Glia appartamenti sono stati offerti al Comune come edilizia residenziale pubblica (case popolari) anche recentemente (14/1/2008 incontro Fondazione e Sindaco negli Uffici Comunali).
2) Si è proposto di destinarli al progetto “Dopo di noi” rivolto alla sistemazione di persone diversamente abili rimaste senza famiglia e bisognose di assistenza (incontri tra dicembre 2007 e gennaio 2008 presso la Fondazione cui hanno partecipato rappresentanti delle famiglie, cooperative di servizi, funzionari del settore e il Sindaco di Medole).
3) In precedenza era stato proposto di sostituirli con una nuova biblioteca. Al Comune era richiesto un aiuto economico (affitto o altro) per alleviare le spese del nuovo progetto. L’Amministrazione, dopo un iniziale rifiuto e altre incertezze, ha risposto quando era troppo tardi (luglio-ottobre 2005).
4) Altra alternativa era un poliambulatorio con un punto infermieristico utile per le vaccinazioni, per le piccole medicazioni ecc. (aprile-ottobre 2005).
Nessuna di queste soluzioni andava bene per il Sindaco per un motivo o per l’altro. Con una maggiore collaborazione forse si sarebbero potute trovare anche altre idee; stando così le cose abbiamo fatto quello che si poteva guardando allo Statuto che all’articolo 2 stabilisce che la Fondazione: “|…| realizza e/o gestisce strutture abitative (alloggi, mini alloggi ecc) anche con convenzioni con altri Enti pubblici e privati”.
In più è stato realizzato un nuovo Asilo Nido e formulata una Convenzione con il gestore privato che doverosamente riserva per il Comune un ruolo privilegiato. La Convenzione cerca di  preservare la qualità del servizio ponendo notevoli vincoli al privato e esigendo il rispetto di standard precisi (che andranno sempre monitorati anche dal Comune). Si è cercato non il profitto ma una continuità del servizio che offrisse un’assistenza di qualità. La Fondazione già rimborsa al Comune la spesa di almeno un posto. Tralasciamo le infine polemiche create intorno a questo progetto.
Cos’altro? Abbiamo accolto (e non è un merito ma un preciso dovere dell’Ente) tutte le richieste di beneficenza del Comune e abbiamo destinato in beneficenza (per la maggior parte in favore del Comune) tutte le risultanze positive dell’ultimo bilancio, quello del 2007. Si poteva fare di meglio? Certo che si può sempre fare di meglio! Ma, come ha detto il Sindaco sul Nuovo Passeggio, anche noi possiamo dire che “è facile parlare quando la sposa è fatta!”.
Nel corso del nostro mandato abbiamo cercato di fare tutto il possibile per tenere aperto il dialogo anche ignorando i numerosi attacchi pubblici e non. Siamo anche con dispiacere consapevoli che quando la comunicazione si interrompe, la responsabilità non è mai di una parte sola, ma è un fallimento di entrambi gli interlocutori, tuttavia ricordiamo di aver promosso incontri, di aver scritto lettere, formulato richieste; quasi mai sono seguite risposte.
Auspichiamo che la Fondazione sia gestita in modo sempre migliore ed è per questo che rinnoviamo gli auguri più sinceri al nuovo Consiglio e al suo Presidente che ben conosciamo e che ha condiviso il nostro lavoro confidando che sapranno ben operare.
Patrizia Bretoni, Aurelia  Calabria, Annalisa Franchi
(tratto da “il Gazzettino ” n. 27 del 12/07/2008)



ASSOCIAZIONE PRO LOCO MEDOLE

Comunicato Stampa

Metà del 2008 è ormai trascorsa e, se non proprio di bilanci, è tempo di considerazioni sull'attività fin qui svolta dal Sodalizio. Attività, come è ormai tradizione, prevalentemente imperniata sui temi della "Cultura": scelta questa, da anni operata dai vari direttivi susseguitisi, ancor oggi vigente e conseguente al fatto che nella piccola realtà medolese agiscono numerose operose associazioni che coprono autonomamente ogni sorta di settore, da quello sportivo, ludico a quello dell'impiego del tempo libero e quant'altro riferito allo svago.

Ultima iniziativa della Pro Loco in ordine di tempo l'applaudito concerto pianistico tenutosi alcune sere fa nella suggestiva cornice della chiesa di San Rocco. Ma all'attivo del Sodalizio sono già state registrate, a partire dall'inizio dell'anno, l'operazione "Bonsai-Anlaids" a sostegno della battaglia contro l'Aids; la presentazione del volume L'Italia sotto i Rifiuti, un tema di grande attualità, a firma di un autore medolese, Marino Ruzzenenti, specialista del settore; la presentazione di un romanzo breve, Caos, opera prima di Al Zanella, altro giovane scrittore medolese che si affaccia alla ribalta nazionale. Si sono successivamente tenute altre due importanti serate letterarie di elevato profilo e cioè la presentazione del volume Scripta Manent del professor Manlio Paganella noto filosofo castiglionese e del libro Oltre l'Assenza (scritti su Carmelo Bene) dell'altrettanto noto professore castiglionese Luca Cremonesi. Le serate culturali cosi come il concerto hanno visto la partecipazione di un numeroso e attento pubblico.

Il programma 2008 della Pro Loco procederà nella seconda parte dell'anno con nuove iniziative che verranno segnalate ai soci del Sodalizio e al pubblico e, a tempo debito adeguatamente pubblicizzate.

Nel 2007 la Pro Loco ha registrato all'attivo ben 180 iscritti, numero che punta ad essere incrementato nell'anno in corso. E' sempre possibile aderire ed eventualmente anche partecipare direttamente alla realizzazione delle iniziative; il Sodalizio è aperto a tutti.

A breve avrà inizio, attraverso varie iniziative, la raccolta dei fondi per il restauro di un'opera d'arte pittorica della Chiesa Parrocchiale con conseguente mostra didattica a restauro ultimato.

Il direttivo del Sodalizio (di recente nomina - febbraio 2008) espressione del "vero volontariato" sente l'obbligo di ringraziare i sostenitori, gli amici e tutti quanti indistintamente e in diversa maniera contribuiscono alla vita e all'attività della Pro Loco che da molti lustri opera senza scopi di lucro ( tra non poche difficoltà economiche e carenza di spazi operativi ) per l'affermazione dell'immagine medolese.
IL DIRETTIVO DELLA PRO LOCO MEDOLE



Società oggi

Dice il vecchio: oggi è un senso di colpa invecchiare.
Dopo un lungo viaggio con un pesante traino,
non ti sei nemmeno guadagnato di riposare
in un luogo adatto gli ultimi giorni che ti rimangono.
Se i soldi della tua pensione non bastano a pagarti la retta,
sei costretto a vivere su, al terzo piano, prigioniero,
nella solitudine di una piccola stanzetta.
Poca luce, niente aria, nemmeno un piccolo ascensore
per scendere in giardino a guardare un bel tramonto.
Con la paura di morir solo, senza nessuno accanto.
Magari vieni scoperto dopo un mese,
perché se ne accorge colui che, di tanto in tanto,
si presta a farti aver le spese.
Quattro assi, un po’ di chiodi, una preghiera,
una corsa verso il Camposanto,
ma se nulla hai lasciato, nessuna lacrima di pianto.
Se ti sei trovato bene o no, in questa società
ora vai pure a dirlo all’aldilà.
( r.o. )

 


Medole: “GENIUS LOCI”, una nuova agenzia; BENE!

In termini moderni si definiscono “agenzie”gruppi o aggregazioni di persone dedite alla promozione  di attività a beneficio sociale, tipo cultura, arte, musica, servizi alla persona, oppure svago, sport, ecc. E’ naturale che ognuno di noi sia portatore di interessamento per qualche azione sociale, o almeno è auspicabile, per vivere il meglio possibile la propria vita e non lasciarla vivere al caso.
I diversi e differenti gruppi (“agenzie”) contengono aggregati omogenei di persone, mossi da diverse motivazioni che diventano il collante del gruppo: stessi obiettivi, compatibilità di rapporti personali, ecc. Queste “agenzie”, hanno un ruolo essenziale per valorizzare libertà personali e togliere terreno alla peggiore decadenza umana che è determinata dal “disinteresse”.
Benvenuta, quindi, GENIUS LOCI, insieme a tutte le altre “agenzie” esistenti, ed a quelle che potrebbero nascere in futuro. Oltretutto, ho notato una coincidenza di intenti su alcuni argomenti che riguardano la nostra comunità: in particolare, la convinzione comune che, per opere pubbliche di rilievo importante, i relativi progetti siano frutto di concorsi di idee che possano fornire diverse proposte e magari le soluzioni migliori. Auguriamoci che queste “agenzie” siano come l’amore, che non basta mai.
Buon lavoro ragazzi!
( g.b.r. )